La reazione di Pietro Calamandrei, ricordata in un articolo di Antonio Capitano ( “Il Ponte”, 72 (2016), n. 3), nel ritrovare la Madonna del Parto di Piero della Francesca triste e spaesata in un anonimo edificio ex scolastico di Montevarchi, fuori del contesto cui apparteneva: la cappelletta del cimitero immerso nella campagna toscana, dove costituiva un unicum con le mura e il paesaggio.
Mi sono riconosciuta nella reazione di Calamandrei, che è poi quella dell’autore, nello sconforto che ci assale quando capiamo che il passato è sepolto sotto tanti strati di burocrazie, tecnicalità e conflitti, cui neanche un capolavoro universale come la Madonna del Parto riesce a sfuggire. Tutti lo reclamano per sé ma ignorano di fatto il carico di i significati di cui “il bene culturale” è impregnato e che fanno parte integrante del modo in cui possiamo godere l’affresco.
Se si vuole conservare la Madonna nel paese in cui è nata (ed è la scelta più coerente per un bene relazionale), allora bisognerà dimostrare di meritarla, perché l’intera collettività è la legittima erede del patrimonio storico ed ha il diritto di conoscerlo con tutto il suo potenzialità di significati.